Doyle&Sherlock

Nel 1908, il “Daily Mail” pubblicò un curioso, esaltante articolo sulle Olimpiadi di quell’anno, che si tennero a Londra. Non si parlava di un vincitore con la medaglia, ma di un campione di coraggio e umanità. A fianco, una fotografia che fece il giro del mondo e ancora oggi è (o almeno dovrebbe essere) l’esempio di cosa sia lo sport e cosa debba essere una competizione come quella olimpica: un maratoneta, un giovane magrolino e completamente disfatto dalla fatica, ansima e, sotto il tifo degli spettatori, un uomo con il megafono lo sorregge, pur di farlo arrivare al traguardo. Il maratoneta si chiamava Dorando Petri e quell’uomo che lo rese una leggenda con il suo articolo Sir Arthur Conan Doyle. Diceria vuole che l’uomo col megafono fosse Doyle, ma lo scrittore era seduto alla tribuna: il co-protagonista dell’immagine si chiamava Jack Andrew ed era il giudice di gara.

Londra, 1908. Dorando Petri arriva al traguardo.

Sicuramente il suo nome non vi è nuovo, perché, anche se il suo volto non è del tutto noto, lo è la sua firma, che ha apposto alla serie di avventure dell’investigatore che ha fatto scuola a tutti quanti: il misantropo, cinico, geniale, insopportabile, tossicodipendente e quanto meno inopportuno Sherlock Holmes. Già, proprio lui, il detective del 221B di Baker Street, l’indimenticabile protagonista, assieme al fido assistente e medico militare John Watson, sotto le cui spoglie si cela proprio Doyle, che ha regalato alla letteratura alcuni capolavori del giallo quali Uno studio in rosso (1887), Il segno dei quattro (1890), Il mastino dei Baskerville (1902), L’avventura del carbonchio azzurro (1892), L’avventura del diadema di berilli (1892) e Uno scandalo in Boemia (1891). In ben 56 racconti, Doyle ha creato un personaggio iconico, per quanto non esattamente originale (si ispirò in larga parta al detective francese Auguste Dupin inventato da un altro grande autore meno fortunato in vita, il bostoniano Edgar Allan Poe), che gli diede fama e di che vivere per tutta la vita. Eppure, non si può dire che il padre amasse teneramente la propria creatura. Tutt’altro.

Strand magazine, 1892. Holmes ebbe l’aspetto che conosciamo grazie all’illustratore Sidney Paget.

Il nostro nasce a Edimburgo nel 1859 e muore a Crowborough nel 1930: potete leggere la sua spettacolare autobiografia, Memories and Adventures, disponibile solo in lingua originale, in cui, con una certa altezzosità che poi trasferì alla sua mimesi/nemesi Sherlock Holmes, racconta la sua vita fatta di duro lavoro e grandi soddisfazioni. E parecchia infelicità. Figlio di una famiglia anglo-irlandese, viene educato con una forte impronta cattolica che lo porta, come il più delle volte accade, a laurearsi in Chirurgia e a dedicarsi ad attività molto poco apostolico-romane, quali vari tipi di sport (boxe, calcio, sci, biliardo e cricket) e a discipline poco ortodosse come lo spiritismo, all’epoca molto in voga fra i giovani. Fra le varie cose, viene arruolato come medico di bordo su una baleniera per un viaggio nell’Artico di sei mesi, dopo i quali scriverà il bellissimo Avventura nell’Artico, edito da Utet Libri, e partecipa alla Prima Guerra Mondiale. E, ovviamente, poiché sente sin dagli studi universitari di avere il fuoco sacro della scrittura nel sangue, decide di mantenersi grazie alla propria penna, rinunciando a esercitare la professione: da un banale bisogno di sopravvivenza nasce così il personaggio di Sherlock Holmes, che lentamente conquista i cuori dei lettori londinesi per arrivare fino ai nostri giorni, sotto le mentite spoglie di film e serie tv. Elementary con Jonny Lee Miller, Sherlock con Benedict Cumberbatch, Sherlock Holmes di Robert Downey Jr., Mr. Holmes e il mistero del caso irrisolto con Ian McKellen sono ognuno uno sguardo diverso su cosa ancora vediamo in quello che è diventato l’investigatore per eccellenza.

Peccato che, nell’autobiografia, Doyle non abbia una sola parola verso la creatura che gli ha dato tutto. Considerandolo sopravvalutato e prendendolo per ciò per cui esso è nato, cioè l’invenzione perfetta per sbarcare il lunario e vivere di scrittura per tutta la vita, il nostro autore si rammarica per tutta la sua esistenza di non essere ascoltato per quel che più contava per lui: le discipline occulte, la fantascienza e il romanzo storico. Se infatti ben pochi penso abbiano letto il libro che più amò scrivere, ovvero Storia dello Spiritismo (1926), e ancora meno conoscano La compagnia bianca (1891) e la serie storico-satirica sul brigadiere Gèrard (1894-1903), non ho dubbi sul fatto che tutti conoscano Jurassic Park: l’americano Michael Chrichton, autore della fortunata saga sui dinosauri redivivi, ha tratto ispirazione niente meno che dallo scozzese Doyle, che ai rettili giganti dedicò l’avventuroso Il mondo perduto (1912) e il terribile La macchina disintegratrice (1929), il cui protagonista è l’eccentrico, bipolare e geniale professor Edward George Challenger. Altri nomi interessanti della sua enorme produzione oltre-Holmes sono: La fine del mondo (1913), Tales of Pirates (1922) e La mummia (1982).

Gossip? Era un carissimo amico di James Matthew Barrie e nel 1930 entrò a far parte della Massoneria scozzese.


«Una volta eliminato l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, deve essere la verità.»

Betta La Talpa

P.S.La produzione su Sherlock Holmes si trova ovunque e in ogni edizione possibile. Io, oltre a proporvi questa bella iniziativa di Feltrinelli, posso consigliarvi: la recente edizione di Il mondo perduto edito da Fanucci e La mummia, la nuova versione degli Oscar Draghi dedicata al detective, quella dell’edizione Einaudi, la bellissima raccolta Danger! della ABEditore e Storie di pirati.

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6 risposte a "Doyle&Sherlock"

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  1. Io leggo in grandissima maggioranza libri presi in prestito dalla biblioteca. Sia Memories and adventures che Storia dello spiritismo li ho cercati senza trovarli, interessandomi soprattutto le vicende biografiche piuttosto che le storie holmesiane… ho però letto Avventura nell’artico proprio questo mese, ed ho messo in saccoccia, per il prossimo futuro, le sue storie di pirati 🙂

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    1. Ottima scelta! In biblioteca è quasi impossibile trovare questi libri, già su internet è una scoperta di Eldorado… “Avventura nell’artico” è fantastico, mentre le storie dei pirati sono dei feuilleton, giusti per un po’ di sano intrattenimento vintage!

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