Non c’è niente da fare: Victor Hugo è una certezza della letteratura. E dopo I Miserabili, non ho potuto tornare a quel secondo classico della letteratura mondiale che in molti hanno sempre ignorato per l’ingiurioso fatto che il cartone animato è un capolavoro ineguagliato di tristezza infinita e cattiveria inaudita. Peccato che, Disney non se ne abbia a male, il cartone totalmente diverso, radicalmente edulcorato, rispetto al libro da cui è tratto.
Complice l’incendio che ha devastato la cattedrale di Notre-Dame il 16 aprile, qualcosa mi ha preso alla gola. Volevo il dramma, l’amore, l’odio, la pietà, la storia. Volevo Notre-Dame de Paris.
Il Gobbo di Notre-Dame, insieme a Il Re Leone, è stato uno dei cartoni Disney che mi ha distrutto l’infanzia: potrei sognare ancora oggi la morte di Mufasa e la berlina di Quasimodo. Per non parlare del musical di Riccardo Cocciante, che ha saputo emozionare anche chi, come me, ha qualche problema con il recitar cantando. Quando lo vidi per la prima volta, oltre a piangere tutte le mie lacrime e a desiderare un gargoyle da passeggio, ebbi la sensazione che l’antagonista di turno, un prete molto brutto di nome Frollo, non fosse un semplice cattivo in sé e per sé, perché aveva scelto la strada sbagliata, perché aveva avuto una vita triste… era cattivo come solo un essere umano e in particolare un uomo può essere. Ricordate Fuoco d’Inferno? Ecco, badate alle parole.
Beata Maria, tu sai che uomo sono io, senza macchie e ricco di virtù. Beata Maria, tu sai che son più puro io di tutta questa plebe intorno a me! Ma allora, Maria, dimmi perché proprio a me l'anima mi brucia al suo pensier! La vedo, la sento tra i suoi capelli il fuoco c'è e annienta ogni controllo che c'è in me. È il Fuoco d'Inferno che brucia dentro me, mi spinge al disastro e non so più che far! Io non lo so, colpa non ho se la gitana si è insinuata nel mio cuor! Che colpa ho io se vuole Dio che non resista al desiderio che sia mia... Aiuto, Maria, non darmi al suo incantesimo, fa che il suo fuoco non mi uccida mai! Distruggi Esmeralda, fa che legna assaggi lei oppure falla diventare mia! Sei pronta, gitana? Lo so che tornerai. Ti aspetto all'inferno, le fiamme oppure mia! Dio si buono con lei... Dio si buono con me... Ma lei sarà mia o morirà!

Ecco allora che, rileggendo il romanzo, tutto è tornato. Quella canzone non mi fa più paura, né il fuoco, né il Confiteor di penitenza e nemmeno la voce del doppiatore. Questa canzone, che trae le sue parole direttamente da alcune frasi scritte da Hugo, nasconde dietro di sé i grandi temi di Notre-Dame de Paris e, soprattutto, deve essere contestualizzata non in un cartone animato in cui c’è bisogno di un cattivo d’ordinanza, ma in un romanzo ambientato a Parigi nel 1482 in cui attorno alla magnifica cattedrale ruotano i destini di un pugno di personaggi perfetti sotto ogni punto di vista. Insomma, Hugo, nel 1831, ha creato un romanzo storico che parla di ciò che siamo oggi: amore pure, passione, sesso, odio, uomini e donne e le loro differenze, stregoneria e il suo uso sociale, cultura, arte, religiosità (quanto Dio e quanto Diavolo abbiamo in noi), isteria di massa, pregiudizio xenofobo e paura del diverso (in primis, la disabilità di Quasimodo), problematiche sociali (la prostituzione, la disoccupazione, la povertà, il sistema giudiziario).
Ma ciò che rende davvero unico questo classico è proprio lo schema dei personaggi, non ridotto a buono/cattivo, ma legati tra loro dai sentimenti e dalla catena di eventi dettati dall’anima, grandissima e nerissima, di Claude Frollo. Già, perché molti sono sempre stati convinti che Notre-Dame de Paris raccontasse la storia di un campanaro deforme di nome Quasimodo che si innamora di una bella gitana chiamata Esmeralda, ma lei preferisce essere sua amica e se ne scappa a cavallo con un capitano delle guardie che, bello come il sole, è stato battezzato Phoebus; Frollo è solo un prete inquietante che cerca di ucciderla in molti modi, ma viene ucciso dal gobbo per amor della ragazza.

Claude Frollo non può essere ridotto a personaggio negativo che sovverte i piani della Provvidenza Editoriale in cui i nostri eroi vivranno felici e contenti. Sin da giovane ha dimostrato il forte desiderio di imparare tutto lo scibile umano che, assieme a un carattere schivo ma gentile, lo ha portato lontano da casa e verso il sacerdozio. Quando un’epidemia ha ucciso il suoi genitori, ancora ragazzino ha allevato il fratello minore, Jehan, dedicandosi a lui come una madre premurosa e lavorando sodo per guadagnare titoli religiosi abbastanza remunerativi: di conseguenza, l’isolamento volontario e la clausura sui libri lo hanno trasformato in un alchimista, in un giovane arcidiacono, in persona sapiente a cui rivolgersi per consulti privati e importanti, ma anche in un uomo che si è castrato per dare agli altri la possibilità di vivere bene, con i capelli grigi a trentasei anni e il volto smagrito di chi non è abituato a stare all’aria aperta. Peccato che Jehan a sedici anni sia non solo uno studente scapestrato, ma si divida fra donne pubbliche e taverne e che rubi i soldi al fratello maggiore per coltivare le sue viziose abitudini; spesso, in compagnia del capitano Phoebus de Chateaupers, in procinto di sposarsi con la noiosissima Fleurie-Lys ma che non si fa scappare una donzella di strada con il suo bell’aspetto. L’occasione di avere un pezzettino di paradiso per il fratello discolo arriva quando, a soli vent’anni, Claude salva dal ribrezzo di un branco di vecchiette un neonato orrendo, che in realtà ha già quattro anni ed è palesemente figlio del demonio: questo diverrà Quasimodo, cioè press’a poco, gobbo, sciancato, sguercio e poi sordo per la sua vita sotto le campane… con drammatico determinismo, Hugo lo descrive come un gigante rotto e montato male, dotato di una forza erculea e diventato cattivo in quanto selvaggio, selvaggio in quanto brutto. Eppure, non ama nessun altro oltre alle sue campane e all’arcidiacono Frollo, che è una brava persona nonostante sia molto chiuso; oltre a lui, ha salvato anche un sedicente poeta, una vera culture-victim, un giovane folle di nome Pierre Gringoire.
Poi arriva lei, Esmeralda. Si fa chiamare così per un sacchetto che porta al collo, ma poi scopriremo chiamarsi Goton … e con un’altro nome ancora, ma dovrete leggere il libro fino alla fine per scoprirlo! Scoprirete anche il ruolo di un’altra donna, l’insaccata o Paquette, che simboleggia la maternità corrotta e disperata. Vera trottola del destino, Esmeralda fa cadere questi uomini ai suoi piedi e con lei ha inizio la catabasi verso l’inferno: Phoebus la desidera come ne ha desiderate altre, Gringoire le vuole bene e la protegge per pura solidarietà, Quasimodo le vuole essere amico perché è tutto ciò che lui non potrà mai essere. Claude Frollo la osteggia in quanto zingara, clandestina, ambulante, strega, giovane donna di incomparabile bellezza… ma non può non guardarla ballare dall’alto di Notre-Dame, udirla cantare e ridere e sognare che un giorno una donna come lei possa stare con un uomo come lui. Non ha mai avuto rimorsi né rimpianti, non ha mai conosciuto la vita oltre il sacerdozio e i libri, si è sacrificato totalmente al fratello e alla conoscenza, finché lei non gli ha dato uno specchio entro cui guardarsi. A quel punto, come d’altronde capita ogni giorno alle persone comuni, Frollo cade in un delirio in cui getterà tutti quanti: la vuole, ma ne è respinto; tutti la possiedono, lui lo impedirà; non c’è altra soluzione oltre la morte.
Claude Frollo è, insieme a Esmeralda, il perno intorno a cui ruotano gli eventi e che dirotta la trama secondo i suoi folli desideri. Ma dopo questa rilettura, non posso odiarlo. É il crollo di una persona davanti alla resa dei conti di una vita perduta e di un futuro che non potrà mai esserci.
Au revoir,
Betta La Talpa
P.S. Ogni edizione del libro va bene: io ho letto quella Einaudi (questa è l’edizione aggiornata), ma è ottima anche quella BUR. Non dimenticate il super sconto di Feltrinelli!
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