Il vento, racconto di una canzone di Vincenzo Elviretti

Vita mia a noi due.

Questo Fabio, il protagonista di oggi, ripete alla fine del racconto lungo di Elviretti edito da Catartica Edizioni. Perché nulla è più rock della vita e le nostre scelte non sono altro che accordi: un giorno sono prodigiosi, il giorno dopo rasentano la scala DO RE MI.

Da metallara nel cuore, anche se da fuori non si direbbe, non ho potuto non parteggiare per Fabio, Roberto, Daniele e Francesco e gli Hot Head di Bellegra, in provincia di Roma, per la loro condizione di giovani uomini fra i 20 e i 30 anni in un paese dai pochi stimoli e per la loro scalata verso il successo, che, senza fare spoiler, sarà costellata di imprevisti e difficoltà… tra cui un omicidio, manco a dirlo.

Il vento racconta infatti con precisione e compartecipazione la storia di Fabio e dei suoi compari in un paese di provincia che somiglia a tutti quelli che si trovano in Italia: il bar, i giardini, la pizzeria, le personalità diversamente autorevoli ma pur sempre note, la noia e i sogni.

Fare musica e metter su una band è un passatempo comune negli adolescenti che talvolta continua anche nel corso degli anni, sia come pura valvola di sfogo sia come speranza di un futuro diverso da quello limitato dal provincialismo. Tuttavia, Elviretti mostra con piglio raro quanto il settore della musica e dello spettacolo sia non solo difficile a causa degli umori del pubblico, quanto corrotto e dipendente dalle preferenze di persone influenti, più navigate. Se poi si parla di rock vero e non del pop, del trap e del rap piuttosto melodico che è di moda oggi, è ancora più complesso perché c’è un unico vero dio: il mercato.

Da veri rockettari, gli Hot Head colgono l’occasione di sfiorare il successo, dopo che la loro musica è stata ripescata dalla scena del crimine in cui la vittima è il burbero pizzaiolo Baffo, ma nell’attimo in cui viene chiesto di rinunciare a ciò che essi sono, fanno un passo indietro. Tanto di cappello!

Alla necessità di riflettere per sé e liberarsi da sospetti e acredini, Fabio scopre che se la musica non può essere vera, un altro strumento non altrettanto rumoroso ma altrettanto comunicativo può aiutarlo: il libro. I classici italiani e mondiali liberano Fabio da tutti i mali della società in cui si trova, sia provinciale sia nazionale attraverso la TV e affinando non solo il suo pensiero, ma anche la sua lingua.

Elviretti, in linea con l’ambientazione e con la voce di Fabio, sceglie uno stile colloquiale che talvolta imita in modo un po’ troppo forzato il linguaggio quotidiano, oltre a un tono spesso cinico e sarcastico adatto al personaggio, che risulta anche un po’ didascalico (non è un difetto, è semplicemente la caratterizzazione di Fabio), ma comunque ben gestito e godibile.

Sicuramente è una lettura adatta a tutte le stagioni, a tutte le ore e a tutti i mood. Ma conoscete i Rage against the machine, è meglio!

Un abbraccio,

Betta La Talpa

P.S. Trovate il libro su Feltrinelli e IBS.

P.S. Di Vincenzo Elviretti e dei suoi racconti di provincia ho anche recensito Pietre!

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2 risposte a "Il vento, racconto di una canzone di Vincenzo Elviretti"

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  1. Da “musicante” di professione e illustratore editoriale non posso che essere affascinato da questa recensione che sicuramente mi invoglia s comprare il libro. Poi scoprire la tua anima metal, beh… È la ciliegina sulla torta. ☺️😘

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