Con l’arrivo di The Whale nelle sale (bentornato, Brendan Fraser), la questione dei disturbi alimentari e del rapporto tra di essi e l’arte è tornata alla ribalta.
Il protagonista del film, infatti, è un uomo gravemente obeso di 300 kg che, fagocitando cibo, fagocita e digerisce le emozioni: mangiare diventa quindi un modo per affrontare o meno le situazioni della vita, il passato e il futuro.
Come la Monstrua, ovvero Eugenia Martinez Vallejo, la quale ancora bambina venne chiamata da Sua Maestà Carlo II alla Corte di Madrid per farlo divertire e posare per alcuni dipinti. Insomma, il XVII secolo è sempre dietro l’angolo.
Questi sono i primi pensieri con cui mi sono affacciata alla lettura di La scrittrice obesa, di Marisa Salabelle, edito da Arkadia Editore nella collana Eclypse, e promosso da Puzzlebook con cui rinnovo molto volentieri la collaborazione.
Il titolo è niente di più o di meno che la definizione pratica della protagonista, Susanna Russo, donna dal brutto carattere e dall’aspetto dimesso, ma soprattutto una scrittrice per desiderio… e talento?
Susanna non ha mai avuto una vita facile: il padre è deceduto quando lei era bambina, la madre nella sua gioventù; non studia e riesce a lavorare il minimo indispensabile in casa editrice; ha solo due amiche, la verace Lorella e la dolce Suor Maria Consolazione, e un fidanzato, il poeta Rinaldo, che tuttavia non è disposto a sopportare più di tanto le intemperie della giovane. Ma quanto è imprevisto della vita e quanto è conseguenza delle sue scelte e del suo comportamento?
Susanna, infatti, ha un carattere decisamente difficile, è dura con se stessa ma soprattutto con gli altri, che copre di insulti e che denigra con invidiabile facilità, ritenendosi più furba e capace di coloro che la circondano. Per quanto riguarda il peso, la vicina Vanda Liotti e l’amica Lorella passano tutta la loro esistenza a cercare di aiutarla, a tirarla fuori dal suo appartamento sempre più malconcio, a mangiare in modo più sano e a valorizzarsi, ma incontrano soltanto le sfuriate micidiali della donna.
Leggendo, credo che capiterà anche a voi, riflettevo sul fatto che Susanna avrebbe potuto fare di meglio che considerarsi migliore degli altri e poi rintanarsi sul divano a mangiare cibo spazzatura: inizialmente, ammetto che non riuscivo a provare grande simpatia per lei, nonostante fossi catturata dal suo fascino magnetico in quanto personaggio.
Ma la depressione non si comanda, non si spiega e soprattutto non si risolve con un invito al cinema. Susanna è consapevole del proprio fisico così come del proprio talento: se la sua casa diventa un rifugio in cui sono ammessi soltanto i corrieri con i rifornimenti, persone che non vengono pagate per giudicarla, il computer e la pagina scritta, anche del web, diventano un universo che lei è perfettamente in grado di governare e controllare, mascherando le proprie sofferenze con l’aggressività. Per questo, forse, non riesce a far pace con una vita di rifiuti da parte delle case editrici: perché non può non controllare anche ciò che la tiene in vita, la letteratura.
Il romanzo è infatti anche un fortissimo attacco all’editoria italiana schermato dal tramite del personaggio freak, obeso e sempre più delirante, a tal punto da confondere realtà e immaginazione. Susanna critica aspramente gli scrittori e gli editori, accusando i primi di scrivere fesserie con un linguaggio scorretto, i secondi di vendere mele marce al pubblico, rendendosi colpevoli dell’abbassamento del livello culturale del paese. Non riesce a scendere a patto con un sistema di mercato che riguarda anche l’editoria, in quanto le case editrici sono imprese commerciali in cui il prodotto è di tipo culturale, ma che segue i medesimi meccanismi di un supermercato; non perché ciò sia sbagliato, ma perché va risolto.
Risulta quindi tristemente ironico il fatto che, alla sua morte, Susanna diventi una scrittrice riconosciuta e analizzata da fior fiori di psicologi e sociologi. Non si parla male dei morti, sostiene un vecchio adagio, e insieme a chi sfrutta la sua morte per fare marketing, c’è anche chi riconosce nella sua sofferenza la linfa vitale della sua letteratura, nelle sue storie una capacità di vedere le persone che non poteva conoscere, relegata com’era in casa, nella sua morte un vuoto sociale che va al più presto colmato.
L’autrice racconta la singolare vicenda di Susanna Russo alternando la voce caparbia di Susanna con quella più semplice ma più pratica di Lorella, con quella intenerita e preoccupata di Suor Maria Consolazione e con quella della vicina di casa Vanda Liotti, pettegola e buonista. Da leggere con attenzione anche le lettere che Susanna scrive a grandi personalità come Francesco De Gregori, il Presidente della Repubblica e persino a Nataša Rostova da Guerra e Pace. In questo, Salabelle riesce nell’intento di ravvivare una trama altrimenti scarna e trasformarla in un’indagine psicologica unica e straordinaria, mai noiosa o compiacente, anzi ricca di sfumature e tonalità, nonostante la discesa nel baratro, attraverso un uso articolato e perfettamente controllato e realistico della lingua italiana.
Lasciatevi anche voi conquistare da La scrittrice obesa e fate sì che ogni parola che scrivete, se scrivete, sia la più bella.
A presto,
Betta La Talpa
P.S. Trovate il libro su LaFeltrinelli e su IBS.
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Hai reso pienamente giustizia ad un ottimo libro, e quindi ancora una volta mi hai reso orgoglioso di essere un tuo follower.
Riguardo a Brendan Fraser, ha spaccato in The air I breathe: hai visto il film in questione?
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Che gentile, grazie mille!!! È davvero un bel libro, non farò che consigliarlo a destra e a manca. Per quanto riguarda Brendan Fraser, ho visto il film quando è uscito, ma ammetto di non averne un ricordo particolare… sarà perché avevo 15 anni! Lo riguarderò per darti un commento più preciso.
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The air I breathe mi è piaciuto così tanto che l’ho inserito in questa classifica: https://wwayne.wordpress.com/2014/06/19/i-10-film-che-tutti-odiano-tranne-me/. Hai visto qualcun altro dei film che ho nominato?
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