Lo so, la domanda fondamentale è: romanesco sì o romanesco no?
Zerocalcare ci ha obbligati a ridere e a piangere senza capire esattamente le parole del suo linguaggio, proprio perché è un linguaggio universale. In molti si sono scagliati contro la romanizzazione dei prodotti di cultura italiana, dimenticando forse il siciliano di Andrea Camilleri e il toscano di Marco Malvaldi o l’emiliano di Volevo nascondermi e il basso-lombardo di Ermanno Olmi (ovvero il mio dialetto), dimostrando così di non afferrare la bellezza di questo. L’italiano è una lingua piuttosto recente e questo soprattutto perché, in virtù della sua conformazione geografica e della storia passata, la stessa nazione è nata prima che fosse fatto un popolo. Tanti stati e tante lingue, ovviamente. Da ex linguista e ancora appassionata, non posso che essere una grande sostenitrice dei dialetti, degli accenti e della ricchezza di linguaggi nella cultura del nostro paese; anche perché, diciamo la verità, sarebbe credibile un personaggio povero e senza studi alle spalle che si esprime con tanto di dizione perfetta? Suvvia.
Questo ovviamente è il mio parere personale ed è il pensiero che la lettura di questo bel thriller, oltre a molte altre che leggerete di seguito, mi ha insinuato. Nella realtà, l’accento romano poco si sente, se non nei momenti in cui è proprio necessario (il registro utilizzato è infatti in generale medio) perché ciò che importa è la rappresentazione del quartiere e della città che l’autrice, Luana Troncanetti, è riuscita a creare.
Non più un non-luogo crudele e feroce alla moda dei gialli stranieri, che poco si adattano alla realtà italiana, bensì qualcosa di vero e concreto che un lettore può facilmente riconoscere, anche se come me non è detta zona. Alla Garbatella ha luogo un tremendo omicidio, fine ultima della vittima, Prudence; su questo caso indaga tutto il comando di polizia, ma in particolare l’ispettore Paolo Proietti, qui alla sua seconda avventura, ed in un certo modo anche il tassista Ernesto, devastato da una situazione famigliare tragica.
Non vi dirò cosa succeda e cosa no, ma soltanto questo: Omicidio alla Garbatella, edito da Fratelli Frilli è un giallo profondamente umano. L’ispettore Proietti ed Ernesto, in primis, sono uomini che conosciamo e che spesso sono stereotipati, resi caricature divertenti o assurde per deviare dalla quotidianità, così come la stessa Prudence non è una vittima senza volto e senza voce, ma una donna che ha tentato fino all’ultimo di fuggire alla schiavitù sessuale a cui ancora troppe donne, in particolare migranti, sono destinate senza altra apparente possibilità. La profonda umanità è la vera ricchezza di questo libro.
Luana Troncanetti scrive con poche, precise pennellate una storia che sembra un bel giallo mentre entra sotto la pelle e ci fa pensare a quello che ci circonda, alla cronaca nera e ai problemi sociali di solito accantonati, quando invece la pandemia li ha accresciuti e fatti emergere. Quello che i bei libri fanno o dovrebbero fare, insomma.
Ringrazio con il cuore Storie Dipinte per avermi fatto conoscere questa autrice preziosa quanto la sua scrittura e per la quale hanno realizzato uno splendido lavoro, che trovate al link!
Un abbraccio,
Betta La Talpa
P.S. Potete trovare Omicidio alla Garbatella su LaFeltrinelli e IBS.
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