Shirley, di Susan Scarf Merrell

Cosa posso dire, davanti a un libro che ha vinto alla Lotteria?

Cosa volete che vi dica, se la finzione letteraria e la realtà si fondono in una casa sola?

Giochi di parole inquietanti e misteri sono il vostro pane quotidiano? Al solo suono di questo nome vi sorge un sorriso sinistro accompagnato da un brivido lungo le spalle?

Benissimo, venite con me.

Ho letto questo un libro in un pomeriggio di temporale in cui dovevo fare altro, ma il cielo bigio, i tuoni e la piacevolezza di un libro così, mentre il cane mi dormicchiava di fianco, mi hanno fatto desistere. Ho pensato di leggere un pochino dopo pranzo prima di mettermi al computer a lavorare. Sono arrivata all’ora di cena senza accorgermene e il cane non ha nemmeno voluto uscire.

Nua Edizioni questa volta ha fatto il colpo del secolo, proponendo un thriller strepitoso dedicato a una delle autrici più eccellenti del Novecento, anche se abbiamo avuto bisogno di altri autori e dello streaming per accorgercene.

Shirley parla da sé del proprio argomento principale, mettendo al centro una figura che al centro non ha mai voluto stare e che la sua stessa vita ha trattato come una creatura selvatica, inadatta alla vita degli anni ’50-’60.

Nel 1964, i giovani sposini Fred e Rose Nemser, vanno ad abitare nella casa del Vermont dove vive una coppia di intellettuali che dir famosa è poco: lui è Stanley Hyman, affascinante quanto maschilista professore del Bennington College di cui il giovane Fred sarà presto collega, mentre lei è la strega che scrive libri di fantasmi, Shirley Jackson. È con lei che Rose instaurerà uno strano rapporto di amicizia fatto di piccoli riti quotidiani, silenzi e tante, tantissime letture sulle donne e sulla stregoneria.

Rose viene da una famiglia poverissima ed è stata abbandonata prima dal padre poi dalla madre, ha dovuto sopravvivere con lavoretti pur di studiare, la sua grande passione, finché non ha incontrato il benestante, cortese e apparentemente perfetto Fred, con il quale crede di poter costruire dalle fondamenta la casa da perfetta famiglia americana che ha sempre desiderato.

D’altro canto, Shirley Jackson è la mentore meno adatta per Rose, che entra nella sua rigida quotidianità in stato di gravidanza. Shirley è sempre stata poco sopportata dalla madre in quanto fuori dal canone richiesto alle ragazze di quegli anni, di sicuro non abbastanza carina e di piacevole compagnia; si è sposata con Hyman, che non riesce a non tradirla e a rispettarla persino davanti agli altri, dandole la stessa importanza di una cena cucinata male; i compaesani la temono e la odiano e lei teme e odia ciò che è al di fuori della sua casa, una villa che proprio come quelle che appaiono nei suoi romanzi ha una propria identità e mostra le emozioni di un essere vivente. Inoltre, fa un abbondante uso di alcol, sigarette e sostanze psicotrope o anti-depressivi che propone talvolta anche alle figlie per affrontare le piccole sfide della vita.

Non vi parlerò oltre della trama di questo libro, perché come in un libro di Shirley Jackson la storia procede passo a passo con l’ambiente che lo circonda e vorrei che vi godeste la lettura come ho fatto io, al sicuro sul divano, magari con un bel tè sul fuoco (preferibilmente non zuccherato, chi ha letto Abbiamo sempre vissuto nel castello non dica una parola).

Chiara Messina, la traduttrice, ha fatto un ottimo lavoro di adattamento del linguaggio colloquiale di Rose, ricco di interiezioni come boh e eh, come pure nel tradurre lo stile dell’autrice, Susan Scarf Merrell, più legato al thriller contemporaneo senza tuttavia mancare di descrivere la casa come Shirley avrebbe voluto.

Un libro bellissimo, poche volte mi capita di dirlo, che consiglio sia a chi come me sia profondamente innamorato del lavoro di Shirley Jackson sia a chi non abbia ancora letto nulla. Nel caso, è un invito a recuperare al più presto!

Shirley in compagna dei suoi quattro figli

Betta La Talpa

P.S. Trovate Shirley qui e qui.

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