Premessa: sono una persona estremamente critica, non amo essere convinta delle cose ed è difficile corrompermi a fare il contrario se credo fermamente in qualcosa.
Pertanto, il mio legame con Segreti in Giallo Edizioni non ha affatto inficiato sul mio giudizio del libro di cui parleremo oggi. Se non avete la più pallida idea di cosa stia parlando, sorvolate su questo paragrafo e godetevi la lettura.
Segreti in Giallo Edizioni è appena nata eppure ha a catalogo nomi esordienti e non, tutte ottime penne e storie molto diverse tra loro, pur rimanendo nel perturbante, nel giallo e nell’horror. Inutile dire che è importante foraggiare la piccola e media editoria, soprattutto quando la linea editoriale è così specifica e la professionalità va a braccetto con la passione: date un’occhiata ai loro social, se vi va.
Chiara Barbieri è una degli autori della novella scuderia e mi è piaciuto sin dal principio cercare e trovare il suo vissuto personale nella storia che ha scritto. Da bambina era indecisa se fare la scrittrice di gialli o il neurochirurgo: giustamente, oltre a scrivere un gran bel giallo come si deve, è medico pneumologo presso la Terapia Intensiva Respiratoria. Un bell’applauso, per favore.
Il suo Il gioco degli scacchi unisce non per niente i due mondi. L’ispettore Francesco Bianco si sveglia a in un letto d’ospedale dopo un’operazione. Qualcuno gli ha sparato alla nuca, ma chi e perché? Il commissario Bruni e gli ispettori Resti e Mezzetti sono al lavoro per scoprire il colpevole, mentre Francesco, dal canto suo, cerca di ritrovare nella memoria le ragioni di quel che gli è successo. Per evitare spoiler, le indicazioni sulla trama si limiteranno a questo.
Fra le indagini di Bruni e i le riflessioni e i flashback di Francesco, assistiamo a due tipi diversi di indagini così che possiamo anche noi condurne una nostra, magari sfidando i personaggi ad arrivare per primi alla soluzione del caso. Sarà difficile, ma ci si può sempre provare. Il tutto, in un ambiente così specifico che l’autrice, per forza di cose, descrive con precisione ma senza essere didascalica né troppo particolaristica. E con la metafora del gioco degli scacchi, che fa da cornice ideale con illustrazioni agli angoli delle pagine.
La scrittura dell’autrice è infatti il primo elemento che ho notato e che mi ha conquistata. Con l’avvento del web e l’evoluzione del mondo del libro e dell’editoria, si è diffusa la curiosa convinzione che tutti possano scrivere, purché vi sia un’idea alla base che funzioni e per questo scrivere bene non serva a molto. Bukowski non è la Yoshimoto, ma guarda un po’, però per essere Chinaski devi esserlo, non c’è molta scelta. Invece, abbraccerei Chiara Barbieri se potessi, perché riesce a scrivere con naturalezza, correttamente, alternando in modo perfetto dialogo, azione e descrizione, senza per questo rinunciare a un tono medio e a una informalità che rende la lettura scorrevole e semplice per tutti, anche quando un personaggio parla in romanesco e un altro in un dialetto del centro-nord.
In secondo luogo, l’universo narrativo creato è del tutto realistico e i personaggi non hanno la patina letteraria né hanno un vezzo particolare che ora sembra debbano avere tutti i detective del mondo creato. Bruni è scorbutico come qualunque uomo in età pensionabile, Resti e Bianco gli ispettori ancora giovani e sufficientemente entusiasti, Mezzetti la persona di mezz’età più adatta ai compiti più tranquilli della professione e vagamente nostalgica dei bei vecchi tempi. Tutti i personaggi sono ben costruiti con poche pennellate che si possono scoprire strada facendo, come i bravi scrittori sanno fare.
Che altro dire? Beh, presto ricominceranno le presentazioni e l’autunno, si sa, è la stagione preferita dai lettori. Vi servono altri motivi per leggere questo giallo?
Mi spiace, scacco matto.
Betta La Talpa
P.S. Trovate il libro qui e qui.
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