Dzien dobry!
Dalla fredda Polonia, dove l’autunno è già arrivato con il tiepido sole e il vento capace di spazzare foglie, cani e bambini in un soffio solo, scrivo di un libro che parla di tutt’altro.
Già, perché se fisicamente mi trovo nell’affascinante e sonnacchioso Voivodato della Pomerania (non smetterò di nominarlo, è troppo nobile), con la mente sono andata nella Terra di un futuro lontano e su un bel pianeta con due soli, Oomza, in cui è stata fondata una delle migliori università dell’universo. Chi ha detto che il teletrasporto serve davvero? Non è forse il pensiero più veloce della luce? Lo è!
E come ho potuto viaggiare in lungo, in largo e in tondo, pur restando sempre davanti al mio computer? Molto semplicemente, ho avuto l’opportunità di leggere uno dei romanzi di fantascienza più intriganti che mi sia mai capitato tra le mani, e sapete quanto sia difficile stupirmi.
Nnedi Okorafor, bellezza classe ’74, fa ciò che più amo nella letteratura e nello specifico nei generi più fantastici come appunto fantasy e fantascienza. Tra l’altro quest’ultimo è un argomento scottante per via del proliferare incontrollato di distopie e ucronie che si vanno a sommare o vanno a imitare, se non prevedere, il nostro tempo: teniamolo d’occhio, per favore. Okorafor attinge alle proprie radici nigeriane, in particolare Igbo, per arricchire un mondo che, almeno ai neofiti, sembra fatto solo di alieni e astronavi; lo stesso sta facendo la più giovane Tomi Adeyemi (classe ’93), che riscrive il fantasy classico con elementi del folklore nigeriano nel romanzo Figli di sangue e ossa, al momento in attesa fremente di seguito. Insomma, il lavoro di queste autrici ci obbliga a pensare a tradizioni diverse e altrettanto ricche rispetto ai classici Grimm, Perrault, Esopo, La Fontaine e via dicendo, ed è un elemento fortissimo e meraviglioso. Perché se le tradizioni sono varie, la nostra specie è una sola e questo vale la pena ricordarlo ogni tanto.
Con un Premio Nebula e uno Hugo alle spalle, ovvero gli Oscar della letteratura fantastica, Okorafor gode del supporto di autori che di certo non passano inosservati, come Neil Gaiman, Ursula K. LeGuin e l’esordiente (in Italia) N.K. Jemisin, che vorrei ricordare essere la prima afroamericana ad aver vinto lo Hugo per la categoria di miglior romanzo. Tre nomi da niente, vi pare? Se volete altre raccomandazioni, ha scritto Laguna dopo la visione del film District 9 per un senso di rivalsa contro il pregiudizio, per la McMillan Long Juju Man, Akata Witch e Chi teme la morte, attualmente sottoposto a riscrittura per una serie HBO. La premiata ditta di Oscar Fantastica di Mondadori, a cui chiedo formalmente se sia possibile inviare in redazione la lettera a Babbo Natale per poter leggere e possedere tutti i meravigliosi titoli che stanno andando in stampa, regala ai lettori italiani la trilogia di Okorafor, già apparsa sugli scaffali in volumi separati: ecco che da oggi 1 ottobre 2019 ritroviamo la trilogia di Binti, costituita da Binti, Ritorno a casa e La maschera della notte, con la compagnia graditissima del racconto Il fuoco sacro.
Io sono Binti Ekeopara Zuzu Dambu Kaipka di Namib
Binti è la prima Himba a lasciare la Terra e la sua gente per poter accedere alla prestigiosa Oomza University, dove avrà l’occasione di studiare la matematica e approfondire il suo straordinario talento di armonizzatrice: la sua mente è un computer che elabora equazioni, ma con le mani può anche far parlare gli strumenti e utilizzare a proprio piacimento gli astrolabi, per non parlare del misterioso edan che ha portato con sé durante il viaggio. Vestita di rosso, cammina tintinnando di bracciali sul ponte della Terza Pesce, la nave che porta lei e i nuovi studenti e i professori Koush (praticamente, i bianchi) sul pianeta, la migliore mente della generazione eppure tanto legata alla cultura tradizionale che vuole che si sposi, che si cosparga le trecce di argilla, che profumi. Divisa e unita da magia e matematica, sarà l’unica a poter confrontarsi con le Meduse, creature belligeranti, tentacolate e incomprensibili, che la prendono in ostaggio e decidono di invadere il pianeta. Binti è caparbia, forte, non teme nulla eppure non teme nemmeno di mostrarsi debole davanti al lettore che in cuor suo non può vederla nascondersi dietro una porta pregando che tutto vada bene.
Non c’è ombra di dubbio sul fatto che il fantasy abbia finalmente trovato una voce femminile che accontenti tutti e che soprattutto sia realistica e verosimile. Nella lettura troverete grinta, rabbia, forza, decisione e indecisione in egual misura, ma mai la questione vi apparirà nei termini, a mio parere inutili, di maschile e femminile. Non posso terminare l’articolo se non con il semplice consiglio di buttarvi nel viaggio con Binti, fatevi trascinare dalla novità e scoprite quanto siate eroi: non salverete nessuno da un mostro affamato di carne umana, ma sarete testimoni di vera uguaglianza e libertà.
Grazie, Binti e grazie anche a te, Nnedi

Betta La Talpa
P.S. Ovviamente trovare il libro su IBS e su LaFeltrinelli.
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Per aver parlato di “specie” e non di “razza umana”, e per aver sottolineato che il punto non è insistere sul maschile o sul femminile, chapeu. Un brindisi per la Talpa, che ci vede lontano 🍷
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Grazie infinite di aver compreso la mia riflessione! In alto i calici (alias la scena dell’ingresso di Gatsby).
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E amen! 🍷
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Sembra davvero una bella saga! Appena riesco credo proprio che la leggerò.
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La consiglio, davvero! Anche se non ami la fantascienza, questa saga racconta anche altro…
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In realtà la fantascienza mi piace molto, quindi sembra davvero perfetto!
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Allora buttati! Non te ne pentirai!
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Lo farò, mi hai convinta!
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Evviva!
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Questa saga mi interessa molto. Grazie mille per la segnalazione!
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Non te ne pentirai, è una bellissima lettura!
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