È sempre un piacere collaborare con autori esordienti o meno conosciuti per leggere qualcosa di nuovo e curioso; inoltre, fa parte delle regole del gioco editoriale&affini. Cerco quanto più posso di variare temi e generi (se non volete sentirmi urlare, però, non suggeritemi romance, grazie!) e di essere il più possibile disponibile, pur con qualche paletto: insomma, se so di non aver tempo o la sinossi non mi attira, mi spiace ma per me è no.
Non è il caso di questo romanzo, breve ma parecchio sostanzioso. Si intitola Ubiety, è stato pubblicato da Amazon ed è stato scritto dall’allora sedicenne Grzegorz Kunowski. Il nostro viene da una cittadina di nome Koszalin ed è a circa 3 ore di macchina da Danzica: quando l’ho scoperto, ovviamente ha ricevuto dei punti bonus per la recensione (non vi torna questa mia affermazione? Andate a fare un salto sulla pagina https://bettalatalpa.blog/betta-va-in-polonia/) e d’altra parte, chi sono io per giudicare chi, come il mio amato Joseph Conrad, scrive in maniera eccezionale in una lingua che non è la sua?
Ciò non vuol dire che io scriva oggi per dirvi che Grzegorz ha scritto un capolavoro di imperitura memoria e chi non lo legge è un fallito. Innanzi tutto, sono un centinaio di pagine dal peso specifico del piombo, la lettura non è per niente scorrevole e, di per sé, non ho visto nulla di particolarmente originale: fra Dans Macabre, Paradiso Perduto a non finire, Paulo Coelho e James Joyce, si potrebbe pensare che sia un autore piuttosto pretenzioso. Voglio dire, parlare di morte, Apocalisse e aldilà/aldiqua ormai non desta più particolare stupore. Un libro denso di allegorie, di metafisica e di insegnamenti morali? Ma davvero?
Non vi racconterò di cosa parla realmente questo romanzo, perché se raccontassi un po’ di trama cadrei nello spoiler e giù nel Sottosopra, in bocca a un Demogorgone. Il protagonista si chiama Adam Johnson, un nome palesemente non scelto a caso, e nasconde un segreto e si trova a vivere in un mondo al collasso. Quel che Adam e il suo creatore Kunowski vogliono dirci in poche parole è: siamo davvero liberi? Quanto il nostro pensiero è o meno determinato dall’ambiente e dalla persona? Cosa accadrebbe se accettassimo ogni nostro singolo, favoloso e orribile aspetto di noi stessi e degli altri, in un universo in declino per troppe richieste di perfezione?
Ho detto che il romanzo è un tantino arrogante… ma chi a 16 anni non lo è? Quando si scoprono i poeti maledetti e Jim Morrison, quando si scopre che la filosofia è una materia da tossici e che la nostra storia è piena di grandi personaggi a cui ispirarsi, chi non è stato un minimo strafottente? Certo, se si legge il libro tenendo conto dell’età dell’autore quando lo scrisse, questi elementi balzano all’occhio e non si può non pensare che, in fondo, un capolavoro non è e può essere migliorato.
Ciò che invece è una vera sorpresa, così strabiliante da farmi rabbrividire, è l’uso della lingua: raramente ho visto una scrittura così cadenzata, così ritmata, così perfetta dal punto di vista uditivo. Lo stile, pur narcisistico e decadentista come manco il D’Annunzio nazionale, è una meraviglia per gli occhi e per le orecchie. Pertanto, chiedo ufficialmente che qualche buona anima se ne procuri una copia e valuti se acquisirne i diritti per la traduzione, perché se il testo può essere aggiustato in diversi punti, la forma è davvero eccezionale.
Nel caso in cui non riuscissi a scrivere prima, vi saluto con un abbraccio e un augurio di buone vacanze!
Betta La Talpa
RIPRODUZIONE RISERVATA
Rispondi