Storia di uomini invisibili

Come sapete, nella diatriba fra cartaceo e digitale, nonostante la mia formazione e le nozioni che fior fiori di docenti mi hanno voluto inculcare, appartengo alla nostalgica e battagliera fanteria del primo schieramento. Non è il momento di disputar tenzone ora sull’argomento, ma vale la pena precisarlo: sì, perché oggi parliamo di una coraggiosa casa editrice di libri digitali e di un loro prodotto che ho avuto la fortuna di avere tra le mani.

La casa editrice in questione si chiama opportunamente Nativi Digitali Edizioni (trovate qui il loro sito, efficace e divertente, ma soprattutto utile) e l’ebook di cui parliamo oggi è Storia di uomini invisibili di Giacomo Festi (classe ’90, quindi, per quanto mi riguarda, ha almeno due punti in più), qui al suo primo romanzo.

L’invisibilità, come d’altronde l’immortalità, sembra essere un potere paranormale dal doppio volto e un concetto filosofico di grande portata che ha ispirato cinema, musica e non di meno letteratura: da L’uomo invisibile di H. G. Wells (qui nella splendida versione degli Oscar Draghi e qui nell’altrettanto fantastica edizione Fanucci) a film tratti dal romanzo o meno (vale la pena citare L’uomo senza ombra di Paul Verhoeven del 2000, con uno spietato Kevin Bacon), fino a The Invisible Man, singolo pop contenuto nell’album The Miracle (1989) dei Queen (Freddie sia lodato), l’invisibilità ha i suoi pregi e i suoi difetti che corrompono l’uomo. Nessuno ci vede, quindi possiamo spiare e rubare, ma anche assistere a situazioni che possiamo evitare e salvare delle persone. Insomma, i super poteri portano anche super problemi e super responsabilità, come diceva il Sorridente Stan Lee (anche lui sia lodato, amen).

Il protagonista del romanzo di oggi si chiama Tommaso Bernini, ha trent’anni e ha tutto dalla vita. O meglio, ha tutto quello che il mondo considera come requisito principale per essere felice: un carattere socievole e sicuro, un aspetto attraente, salute, tanti amici, donne e un bel lavoro appena dopo il diploma. Insomma, un uomo da invidiare… finché il suo stesso padre, preoccupato dall’apparente perfezione del figlio, lo spinge a riflettere sul futuro e sulla propria identità. E vistosi criticato dalla figura famigliare che più di tutti dovrebbe appoggiarlo, Tommaso crolla. In tutti i sensi, fino a venir internato in un istituto psichiatrico diretto dall’inquietantemente perfetto Dr. Vincenzi (personaggio prevedibile, ma di sicuro effetto).

Il tema principale, infatti, è il crollo del nostro personale universo nel momento in cui si avverte una frattura nel mondo che, fino a quel momento, ci è sembrato perfetto come una casa di bambole. Sì, ma anche Ibsen lo aveva detto: porcellana e merletti non sono una buona idea per rendere un essere umano sano ed equilibrato. Tommaso impazzisce, ma la follia, esattamente come la morte (uno dei momenti di assoluto genio dell’autore), si distingue per l’equità: il crollo di tutte le infrastrutture non è un vero fallimento, ma una presa di coscienza di ciò che ci circonda e una semplice reazione, più o meno forte a seconda del grado di disequilibrio di una persona. Giulia Giuliani, bellissima e giovane moglie di Andrea, montatore di video che, sembrerà pure un attore di fiction ma la picchia puntualmente, cerca conforto fisico in Giovanni e medita di scappare di casa; Giovanni è un tossico senza speranza con i soldi del padre, e morirà nell’indifferenza a cui si è lasciato; Franco Raboni, quasi quarantenne affetto da Sindrome di Down, vive nella sua bolla fatta di infanzia e autocommiserazione e sarà l’unico a vedere Tommaso da invisibile.

Tommaso, infatti, a un certo punto diventa invisibile per poter vivere senza essere giudicato dalla società a cui tanto aspirava. Insomma, meglio non essere visti piuttosto che giudicati di continuo da persone superficiali e infelici. Già, perché tutti i personaggi sono infelici a modo loro e reagiscono ognuno a modo proprio alla propria squallida esistenza. Ciò che li accomuna però è la paura: di non essere come gli altri, di fallire, di essere soli. Il Dr. Vincenzi riflette molto bene sul concetto di follia filtrata: tutti siamo folli in una certa maniera, ma ognuno la canalizza secondo i propri mezzi e i propri gusti; nel momento in cui si nasconde questa piccola dose di pazzia o non la si scarica, ecco i crolli nervosi e l’infelicità… Tanto più che viviamo in una società disturbata alla base, in cui omologazione e superficialità sembrano essere gli unici strumenti per essere sereni. Tommaso si fa dunque vessillo di tutti, esempio di caduta e rinascita, pur sui generis, di un uomo che possiamo essere noi o un nostro conoscente: interessante che l’unico essere vivente in grado di vederlo sia un emarginato naturale come un disabile adulto, condannato dalla paura ma mentalmente libero da tutti gli stereotipi e le fissazioni della gente comune che, chissà perché, si considera normale. Ciò che rende una persona un vero essere umano, dice Franco, è proprio il processo di guarigione: non conta chi siamo o cosa facciamo nella vita, quanti amici abbiamo e quanto stia bene o male il nostro conto corrente, bensì quanto facciamo noi per migliorarci, per noi stessi e non per altri. E comunque, ci sarà sempre qualcuno disposto ad amarci nelle nostre crisi e nelle nostre paranoie.

Tirando le fila, ottima l’autoanalisi del personaggio (e della persona) e ottimo l’inserimento nella letteratura da manicomio pur sfruttando il fantasy come riformulazione di un problema quanto mai attuale. Di Ragazze interrotte, Veronika decide di morire e Qualcuno volò sul nido del cuculo non ce ne sono mai abbastanza.

Un abbraccio,

Betta La Talpa

P.S. Qui potete acquistare l’ebook!

P.P.S. Ultima nota editoriale: impaginazione perfetta, chiara e semplice, proprio come avere un libro in mano; alternanza non sempre controllata di registro medio e alto nella scrittura, ma il ritmo tiene molto bene fino alla fine; infine, non se ne abbia a male nessuno per qualche refuso sparso e descrizioni omologate (le donne sono tutte magre con i seni “piccoli ma sodi”, gli uomini tutti alti tranne Franco…) e ripetute troppo spesso.

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