Se fossi uomo, se fossi lupo

Bisogna pur ricominciare da qualche parte per aprire il 2019, no? Benissimo, allora mettiamo una tregua alla guerra fra pandoristi e panettoniani e riprendiamo a leggere, scrivere e fare le persone intelligenti. Forse.

Non ho mai avuto l’occasione di scrivere di un libro (anzi, due) che amo moltissimo e del suo affascinante, controverso autore. E come sapete, amo citare anche i film che sono tratti da libri: in questo caso, lo farò soprattutto perché in miliardi sono andati al cinema o hanno guardato in streaming i film che sono stati tratti dai due romanzi, ma in pochissimi li hanno letti, nonostante fossero un vero must per la generazione nata fra il ’50 e il ’60.

Il lungometraggio più famoso, nonostante sia una semplice rivisitazione dei libri, apparve nel 1994 e il protagonista era interpretato da un giovane e allenato Jason Scott Lee.

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Nel 1967, però, nessuno poteva ignorare altissimi momenti musicali come un vecchio orso che canta Lo stretto indispensabile, un orangutan che si crede Adriano Celentano in Voglio essere come te e quattro avvoltoi che sembrano i Beatles Siamo amici tuoi .

Nel 2016 uscì il live in action del cartone animato, più fedele al romanzo e curiosamente più attento a certi dettagli, come il sesso dei personaggi (Kaa il serpente è femmina) e il loro carattere (Kaa è tutt’altro che stupida, il piccolo protagonista è capriccioso).

Il_libro_della_giungla_film_2016

E arriviamo alla versione del 2018, dove il romanzo prende ancora più parte al film, ma il regista, Andy Serkis (va bene, Gollum) aggiunge elementi che lo rendono un capolavoro di umanità, ecologia e bellezza: nonostante l’esagerazione di motion capture (vi assicuro che, nonostante le mentite spoglie, Benedict Cumberbatch e Cate Blanchett sono fin troppo riconoscibili), ma il protagonista, un esordiente di undici anni che promette molto bene, è inquietantemente perfetto per la parte e alcuni temi attuali scottano al punto giusto (ci sono critiche fortissime e strazianti contro la caccia agli elefanti per l’avorio e contro l’imbalsamazione di animali rari, come un giovane lupo albino in questo caso).

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Capito di cosa stiamo parlando? Ma certo, di Rudyard Kipling e dei suoi Il libro della giungla e Il secondo libro della giungla.  E perché mai controverso? Perché nessuno legge più questo classico mondiale? Spero di rispondere a queste domande e, soprattutto, di solleticare la vostra curiosità a prendere in mano i due romanzi, che per altro, se proprio volete saperlo, non arrivano alle mille pagine.

Kipling (1865 – 1936) nacque a Bombay da genitori inglesi e visse in India fino all’età di sei anni, ma tornò nell’amato paese d’origine molto spesso nel corso della vita. Fu un viaggiatore moderno, un giornalista coraggioso, un autore di così grande talento da detenere ancora il record imbattuto come il più giovane vincitore  del Nobel per la letteratura (nel 1907, a soli 41 anni, proprio per Il libro della giungla). Da questo breve accenno biografico si può partire per smentire la fama che per lungo tempo lo ha preceduto e condannato, ovvero la convinzione che, in quanto inglese nato in India, fosse un figlio del colonialismo e che tutta la sua opera sia pregna di razzismo e idee anglocentriche. Innanzi tutto, non si può incolpare una persona per la propria nazionalità e accusarlo senza prove per il mero fatto di essere nato in un certo luogo in un certo tempo: è ovvio che la sua infanzia trascorse tra candidi pizzi, ombrellini e servitori indiani, ma ciò non esclude che il rapporto che egli ebbe con la popolazione locale e con i domestici fu perfettamente familiare. Fu infatti cresciuto dalla servitù e presto si appropriò della lingua e dei costumi indiani, che sentì suoi a tal punto da scrivere sempre e solo dell’India. Credo fermamente che chi ancora oggi ritiene che Kipling fosse un criminale colonialista, forse non ha nemmeno aperto i suoi libri: dalle descrizioni dei villaggi e della foresta trapela un amore smisurato per quei luoghi; gli esseri umani che appaiono ne Il libro della giungla sono per lo più indiani e coloro che sono connotati negativamente sono esclusivamente gli europei, come in Kim; la legge della giungla è quanto di più giusto esista al mondo e probabilmente ci vorrebbe un’universale assemblea costituente che la dichiari Manifesto del Diritto Animale, considerando che noi stessi esseri umani siamo solo animali dotati di smartphone; infine, un autore che abbia scritto una poesia come Se, forse una delle più alte dimostrazioni di umanità e amore paterno, non può essere nello stesso tempo uno spregevole sfruttatore colonialista.

Ma perché oggi più nessuno legge Kipling? Il cartone Disney è un caposaldo della cinematografia, va bene, ma riduce di molto la portata dei romanzi: forse si può avere un’idea incrociando il cartone animato e i film del 2016 e del 2018, ma non basta. Capisco, lo stile è epico e ci sono molte, molte, molte descrizioni e i dialoghi sono un tantino ridondanti, ma vi assicuro che raramente ho letto romanzi dove l’avventura si fondesse così con la filosofia. A parte la legge della giungla, non si possono ridurre a caricature o personaggi folkloristici gli animali che accompagnano Mowgli nelle sue avventure verso l’età adulta, perché ognuno di essi ha qualcosa da insegnare al lettore, di qualunque età sia. Mowgli, ammettiamolo, non è un ragazzino simpatico, bensì è presuntuoso come lo sono certi bambini non abituati a essere sgridati, è sicuro delle sue capacità anche se non sa bene come usarle (fra cui il pollice opponibile) e disobbedisce più volte prima di capire la lezione. I Bandar-log, le scimmie, sono i personaggi più inquietanti in virtù della loro affinità genetica all’uomo e del loro rifiuto di accettare la legge della giungla; il loro capo, il famigerato King Louie o Re Luigi in italiano, è la miglior rappresentazione del pericolo che corriamo nel non rispettare la natura di noi stessi, nonché nella mancanza di spazio fra le specie (guardate cosa fanno i macachi a Calcutta e gli orangutan in Indonesia, poi parliamone). Baloo non è un pacioso, vecchio orso che si gode la vita, ma un saggio, grosso orso che, proprio per la sua veneranda età e per la sua lunga esperienza, è l’insegnante deputato a formare tutti i cuccioli del popolo libero, i lupi, e il cucciolo d’uomo, all’insegna della legge della giungla e del branco. Shere Khan, che dire… forse come personaggio scaltro, assetato di potere e vendicativo non ha contribuito a evitare che la tigre del Bengala cadesse nel rischio dell’estinzione, ma rappresenta tutti i dittatori e i potenti senza talento alcuno se non l’arroganza.

Leggete Kipling se credete che vi sia ancora da imparare per l’uomo, leggetelo se avete dei dubbi sul fatto che le creature del nostro mondo siano a loro modo meravigliose. Leggetelo, soprattuto, se dubitate che ci sia ancora tempo e spazio per essere individui migliori.

Un cuore leale e una lingua cortese ti porteranno lontano nella giungla

(cit. Kaa)

Betta La Talpa

P.S. Potete trovare Il libro della giungla in qualsiasi biblioteca ben fornita, di solito ai banchetti delle locali fiere del libro e qui.

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