Una delle innumerevoli supplenti di inglese che ebbe la mia classe durante le superiori -forse per questo il mio inglese è piuttosto… diciamo che la mia è una lingua da preservare prima che scompaia- ci diede da leggere un romanzo edificante, sostenendo che era molto formativo e si trattava di un classico. A parte la mia strenua lotta contro Lessico Famigliare e Il giardino dei Finzi-Contini, sfociata poi in una crociata contro La peste di Camus, devo ammettere che le solite letture obbligate a scuola, che tanto fanno penare gli studenti, a me riuscirono sempre gradite e che i miei professori furono molto bravi in questo. Non finirò mai di ringraziarli abbastanza. Bene, scorrendo la fatidica lista, mi ritrovai un bel titolo: Tempi difficili, di Charles Dickens.
Questo fu in assoluto il mio battesimo del fuoco con il grande scrittore inglese. E da quel momento, per mesi e mesi, non feci che leggere soltanto Dickens. Ironico, tragico e coinvolgente, divenne un’ossessione, come prima era stato Oscar Wilde. Dopo Tempi difficili, vennero Oliver Twist, i racconti, La piccola Dorrit, Grandi speranze (rimasto poi uno dei romanzi del cuore), Casa desolata, David Copperfield (incompiuto, ma giuro che lo riprenderò!), Nicholas Nickleby e infine una delle fiabe più geniali, Canto di Natale.
Conoscevo già la storia grazie alle migliaia di riduzioni televisive, cinematografiche, fumettistiche, che ne sono state fatte. E l’adoravo: ho sempre amato i fantasmi e questi tre (quattro, se si conta il collega defunto che avverte dell’arrivo degli altri tre) erano spaventosi, ma erano così simbolici e portatori di speranza che non potevo non farmi trascinare da loro. Un po’ come il quadro di Dorian Gray, che subiva le rughe e le brutture della vita al posto dell’essere umano, magico e tremendo; non ho più guardato un quadro senza chiedermi chi fossero le persone ritratte e il perché delle loro espressioni.
Presi il libro in un bookcrossing, non ricordo scambiando cosa. Non è granché, ma è integrale e con un paratesto critico interessante: un’edizione scolastica de Gli Anemoni, a cura di Bruna Scornito e Franca Torchia. Prometto che me ne procurerò una migliore appena ne troverò una degna.
Conosciamo tutti la storia, non starò qui a ripeterla. Dramma sociale e mistero, ambizione e redenzione sono sicuramente i temi fondamentali della piccola grande opera di Dickens che ha dato il via alla tradizione natalizia, nel 1843 alquanto sonnacchiosa. Non siate malvagi, avidi ed egoisti come Scrooge, tenetevi il Natale sempre nel cuore. Ecco, ho sempre condiviso a metà la morale della storia. Ebenezer Scrooge è uno dei personaggi più caricaturali e irresistibili della letteratura mondiale: sono un’ottimista naturale, ma forse ci sono persone che ignorano i diritti umani e odiano tutti e tutto.
La vicenda di Scrooge non mi ha insegnato quasi nulla sul Natale. Che ogni media esistente mi persegua per tutto dicembre raccontandomi che bisogna essere tutti più buoni, bisogna farsi regali, bisogna stare in famiglia, bisogna festeggiare, bisogna pensare agli altri… non cadrò mai in questa trappola, mi rifiuto di diventare improvvisamente un elfo festoso con i campanelli in testa. Mi piace che sia un motivo per stare insieme, ma con chi di preciso? Gente che non vedi mai e magari pure non ti sta nemmeno tanto simpatica, magari con cui hai passato l’anno a litigare? Spendere soldi per regali sgraditi e costosi, scegliere il dono perfetto fino a diventare pazzo? Gestire le relazioni manco fosse Risiko, sperare che il vino sia forte abbastanza e non ci sia il tofu da qualche parte, perché il Natale improvvisamente è diventato sia socially politically religious correct sia sempre più consumista? Come per Capodanno…. festeggia, unisciti agli altri, ma guarda la TV e prepara un banchetto pantagruelico che la Befana, quando arriva, sviene per la glicemia e il colesterolo, siccome ha una certa età.
Ecco, io mi schiero dalla parte di Scrooge. L’insegnamento finale dovrebbe essere: vivi bene tutto l’anno, sii gentile e buono, così poi a Natale nessuno può schiacciarti le noci.
Tanti auguri di felice Natale, voi con i vostri libri e la bottiglia di vino dolce.
Betta La Talpa
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