Ok, lo ammetto, il titolo non è particolarmente invitante per la maggior parte dei lettori sani di mente; per di più, in pochi si aspetterebbero che una dolce talpa come me si occupi anche di horror… ebbene sì!
Il mio rapporto con Stephen King è di odio e amore, sfida e invidia. Non saprei dire da cosa nasce questo mio problema con il Re dell’horror mondiale né quando ci siamo conosciuti…. quel che posso dire di certo è che siamo un po’ tutti usciti da un suo romanzo.
Il titolo richiama evidentemente il film che nel 1976 Brian De Palma trasse da Carrie, breve romanzo sulla distruzione della cittadina di Chamberlain a opera di Carrie White, una giovane abitante del luogo, tristemente nota per gli episodi di bullismo e per la madre maniaca religiosa. Inoltre, è anche il titolo dell’albo n°98 di Dylan Dog, l’Indagatore dell’incubo che è il personaggio più fortunato della scuderia Sergio Bonelli Editore, fiore all’occhiello della fumettistica italiana.
Cosa mi ha spinto a scrivere oggi di Carrie? Beh, anche se non avete visto il film né letto il libro, tutti avrete in mente l’immagine di una giovanissima Sissy Spacek in abito da sera, inondata di sangue dalla testa ai piedi, mentre fissa qualcosa con forza distruttiva. Sì, perché il tema fondamentale dell’opera è la telecinesi, ovvero il potere di muovere gli oggetti con la mente, un dono e una maledizione che King affronta in maniera pseudo-scientifica ma piuttosto convincente: è genetica? Da cosa scaturisce? In che periodo della vita?
Allo stesso modo, accanto al potere di Carrie che la rende straordinaria, al di là del proprio aspetto goffo e introverso, vi è il tema della mania religiosa della madre e del suo dover necessariamente fare i conti con il mondo moderno. Un mondo, negli anni ’60, che comincia a proporre modelli nuovi e scandalosi, dalla moda fino alla cultura, alla musica e ai modi di vivere quotidiani. Questa madre, che si presenta come un mostruoso gigante in preda al delirio mistico, attaccata in maniera folle alle proprie convinzioni a tal punto da odiare la propria figlia, che umilia e tortura con ogni strumento a sua disposizione, è senza dubbio un personaggio magnifico e inquietante che recita bene il proprio ruolo lungo la trama. Niente sesso fuori e dentro il matrimonio, niente mestruazioni e niente musica leggera, niente di rosso e niente cibo troppo dolce… ogni sua parola è tratta dalle Scritture, o meglio, da una sua lettura criptica e assurda. Ciò ci fa molto riflettere sia sul ruolo che in America ha la religione (considerando le sue origine puritane e il carattere multietnico che ha sempre avuto la sua popolazione) sia sui pericoli che gli scritti religiosi o sedicenti tali possono rappresentare per l’essere umano più fragile.
Infine, un accenno all’espediente del sangue; schifiltosi, fate largo. Di certo non si tratta di un romanzo (né tanto meno di un film) per i deboli di stomaco, perché il sangue ricopre un ruolo fondamentale per la storia. Si parte dalla scena iniziale, quella della doccia, in cui Carrie scopre il menarca proprio davanti alle compagne di classe nello spogliatoio della scuola: incredula e terrorizzata dal sangue che cola, è convinta di morire mentre le altre ragazze ridono e la insultano. E si finisce con la scena madre del ballo scolastico: Carrie, al colmo della felicità sul palco della palestra, indossando il suo bel vestito e accompagnata da uno dei ragazzi più popolari, viene affogata da una cascata di sangue di maiale, orribile scherzo che sarà l’input per la sua vendetta. Il sangue, che la signora White aborre come fluido vitale, simbolo del peccato e della nostra intrinseca umanità, è sia l’inizio di un cambiamento (le mestruazioni aiutano Carrie a comprendere di essere una donna e quindi le danno maggior fiducia in se stessa) sia la fine tragica di un incubo per una ragazza che ha sempre subito le angherie altrui (il sangue di maiale la rende spaventosa ed è letteralmente la goccia che fa traboccare il vaso, proprio il sangue di un animale che non gode di ottima fama in ogni dove).
Per questo, ogni volta che queste due scene in particolare modo mi venivano alla mente, non sono mai riuscita a nutrire rancore per Carrie né a spaventarmi. A dir la verità, ritengo che sia un bildungsroman al contrario, diciamo un romanzo di distruzione che però contiene una sua dose di formazione, perché la protagonista impara in un certo modo a reagire alla mania della madre e agli scherni del mondo esterno. Questa che dovrebbe essere una delle storie dell’orrore più terribili del secolo, in realtà mi rattrista molto, non posso che compatire la povera Carrie.
Lo sguardo di Satana, per quanto mi riguarda, non possono essere gli occhi telecinetici di questa ragazza offesa e vessata da tutti, bensì quelli di coloro che giudicano con ignoranza e covano odio senza speranza.
Betta La Talpa
P.S. Un’ottima edizione è quella uscita per Bompiani Carrie
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